Presentazione del libro «Daniele de Bosis e la bottega dei suo figli»

22 ottobre 2022 - ore 16.30 Presso SPABA, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti

Introduce il presidente Aldo Actis Caporale Intervengono l'editore Umberto Allemandi l'autrice Claudia Ghirardello

Info

Daniele ebbe tre figli, Arcangelo, Francesco e Giovanni Pietro. Sicuramente i primi due continuarono il mestiere del padre giostrandosi in un uso di formule stilistiche caratterizzate da volti a uovo, con occhi gonfi, naso lungo e bocca carnosa. Acceso l'uso del colore. I de Bosis furono artisti semplici, eppure attenti alle novità del tempo come si viene qui per la prima volta a verificare. L'autrice, infatti, riesce a dimostrare come questa bottega, all'interno del panorama artistico di quegli anni, ebbe talora ad imitare, tra le altre, la grande scuola ferrarese, nonché quella bolognese. Afferma in proposito: "La scena di Adorazione dipinta nella parrocchiale di Castellengo dalla bottega dei figli di Daniele mi ha dato modo di dimostrare che la nostra bottega diede un'occhiata anche ad una produzione di alto livello. Proprio in questa scena di Castellengo vi è un valletto che, fortunatamente e fortunosamente risparmiato dal grande taglio di apertura della finestra, si mostra in un movimento di contorsionista che lo vede inverosimilmente piegato in due: ebbene, la tradizione derivava dalla scuola ferrarese, come può ben evidenziarsi in certi personaggi dei miracoli di San Vincenzo Ferreri creati da Ercole de' Roberti, collaboratore di Francesco del Cossa, nella predella del Polittico Griffoni oppure, in un esempio a sottolineare l'incontro con la realtà bolognese, nel soggetto mostrato piegato in primo piano nel dipinto raffigurante il Martirio di Santa Cecilia realizzato nel 1506 da Cesare Tamaroccio nell'oratorio di Santa Cecilia a Bologna. Ancora, si prendano in considerazione certi personaggi di Bernardino Butinone, influenzato dalla cultura padovano-ferrarese (valga l'esempio del soldato in primo piano nell'atto terribile di avventarsi sui poveri corpi dei bimbi nella tavola, raffigurante la Strage degli innocenti, di Detroit). De' Progetto mai prima realizzato, il libro scritto dalla Dott.ssa Claudia Ghiraldello per i tipi di Umberto Allemandi tratta in modo monografico dell'artista tardogotico Daniele de Bosis e della bottega dei suoi figli, attivi tra XV e XVI secolo. Moltissime le realtà studiate e qui presentate, per la maggior parte inedite. Daniele de Bosis era di origine milanese, ma cittadino di Novara, venuto in seguito ad abitare a Biella. Nel 1479, precisamente il 19 maggio, venne chiamato dal Comune e dai Canonici di San Colombano di Biandrate per dipingere la cappella di Santa Maria e dei Santi Sebastiano e Fabiano. Daniele con i suoi compagni, l'8 dicembre 1490, fu poi addirittura convocato alla corte sforzesca per il progetto decorativo (Sala della Balla) voluto in occasione delle nozze di Anna Maria Sforza con Alfonso d'Este e di Beatrice d'Este con Ludovico il Moro e proprio lì, a Milano, Daniele, sebbene esponente di un fenomeno culturale ritardatario nella ripetizione di evidenti formule tardogotiche, poté perseguire un personale aggiornamento. Nel 1496, in terra biellese e precisamente nella parrocchiale di Castellengo, quest'artista creò un affresco che è emerso non molto tempo fa dall'intonaco. Come afferma la Ghiraldello, che ha potuto pubblicare quest'opera come inedita, "si tratta di un affresco di cui restano visibili significativi frammenti di una Madonna con angiolini e dei Santi Sebastiano, Rocco e Fabiano, i tre ausiliatori per eccellenza contro le pestilenze. È un dipinto estremamente importante perché reca firma e data". Sempre nel 1496 Daniele ottenne la prestigiosa commissione di decorare la cappella gentilizia, dedicata a San Gottardo, del giureconsulto di Casa Savoia Giacomo Dal Pozzo, cappella collocata all'interno della chiesa parrocchiale di San Giacomo a Biella-Piazzo. Nel 1497, per arricchire la medesima cappella gentilizia, compì quindi la bella pala, firmata, tuttora conservata nella parrocchiale cui era destinata. Roberti e Butinone: pure essi avevano partecipato ai lavori sforzeschi per i quali era stato convocato anche il nostro Daniele. Il cerchio si chiude". Importante è il repertorio fotografico di cui il libro è corredato, un repertorio fotografico che, realizzato dalla stessa esperta d'arte, nella resa cromatica assai vivace cattura l'attenzione del lettore. Il libro, inoltre, è arricchito anche da altre scoperte di affreschi sotto intonaco, nonché da decifrazioni iconografiche prodotte allo stesso modo dalla Ghiraldello. L'esperta d'arte effettua, infine, rivelazioni araldiche, il tutto gestito in un percorso accattivante che illustra il meritorio compito dell'artista di quell'epoca, un artista che, come dice l'autrice stessa, "fu costantemente in bilico tra immanenza e trascendenza".

The Volume

La pittura tardogotica di padre in figlio

Daniele de Bosis, originario di Milano ma cittadino di Novara, fu il caposcuola della bottega dei suoi figli, Arcangelo e Francesco. Attivi fra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, i de Bosis furono artisti semplici, interpreti sensibili della cultura figurativa tardogotica. Alle pareti delle chiese, i loro affreschi erano preghiere da recitare con gli occhi, chiavi d’accesso alla conoscenza del sacro. Le Madonne dai volti gentili, come ad esempio quelle dipinte da Daniele nella Chiesa della Madonna del Latte a Gionzana, declinano con grande delicatezza il tema dell’affetto tra madre e figlio, testimoniando d’altra parte l’attenzione per la moda del tempo, maturata nel contatto con la corte degli Sforza.
La monografia, esito di una lunga e approfondita ricerca, ricostruisce per la prima volta il percorso dei de Bonis grazie a scoperte di affreschi sotto intonaco, decifrazioni iconografiche e qualche colpo di scena. L’analisi del loro taccuino figurativo, dai colori modulati in accosto vivace, si trasforma tra queste pagine nel racconto di un’epoca, sospesa tra quotidianità e trascendenza. Storia illustrata di Madonne, principesse, santi e gente comune, il libro è anche un invito a mettersi in viaggio, alla scoperta della pittura tardogotica nelle terre del Piemonte orientale.